Fin dal 2017, si parla seriamente di come la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale stia impattando sul mondo del lavoro. In quell’anno lo storico Yuval Noah Harari pubblicò un articolo su Nature in cui prevedeva che l’intelligenza artificiale avrebbe “scalzato molte persone dal mondo del lavoro”.
In quello stesso anno furono inventati i modelli di generazione testo (Transformer) su cui è basato ChatGPT che però sarebbe arrivato solo 5 anni più tardi, assieme ai modelli di generazione immagini come Midjourney (Diffusion). C’erano quindi i semi per la rivoluzione a cui stiamo assistendo oggi e sulla quale numerosi studiosi tra cui un gruppo di studio dell’Università di Stanford e la stessa OpenAI (creatrice di GPT) si stanno interrogando.
A che punto siamo oggi?
Davvero scompariranno centinaia di milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio?
La situazione non è così semplice, ma sicuramente sappiamo già quali sono le professioni più a rischio.
Harari attribuiva questo cambiamento alla convergenza tra lo sviluppo dell’AI, che analizza enormi quantità di dati, e le biotecnologie che decifrano i pensieri e le emozioni umane. Questa fusione tra infotech e biotech avrebbe potuto rendere obsoleti milioni di lavoratori, come i medici di famiglia, mentre altri avrebbero potuto concentrarsi sulla ricerca e sull’innovazione.
Questa rivoluzione, diventata una nuova normalità, richiede una resilienza emotiva e l’abilità di adattarsi ai cambiamenti. L’empatia nel problem solving diventa cruciale, suggerendo che l’AI potrebbe sostituire i medici ma non le infermiere. Dal punto di vista filosofico, un ambito al di fuori della ricerca allora come in parte anche oggi è quello della coscienza delle Intelligenze Artificiali: i computer sono in grado di interpretare le emozioni degli esseri umani senza svilupparne di proprie. E questo li rende estremamente diversi rispetto a noi umani nel processo decisionale.
Con l’aumento delle AI e dei dati necessari per «alimentarle», aumenta la domanda di professionisti in grado di interpretare e utilizzare questi dati, come gli analisti. Mentre alcuni lavori diventano irrilevanti, sostituiti dalle AI, gli esseri umani potranno dedicarsi a ruoli più creativi e all’apprendimento continuo, rendendo il reddito universale (Universal Basic Income) una possibilità da valutare seriamente.
Tutto questo rappresenta una sfida superiore alle precedenti rivoluzioni industriali.
Sei anni dopo l’articolo di Harari, un report del 2023 di Stanford rivela che le offerte di lavoro legate all’AI negli Stati Uniti sono aumentate del 10% nell’ultimo anno in tutti i settori, ad eccezione di quelli più tradizionali come l’agricoltura e la pesca.
Le aziende stanno già cercando persone con capacità legate all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel proprio lavoro quotidiano.
Tuttavia, è un paper di OpenAI (la società dietro DALL-E e ChatGPT), pubblicato il 27 marzo 2023, a fornire le stime più sorprendenti:
l’80% della forza lavoro vedrà i propri compiti influenzati dall’AI, con un quinto dei lavoratori che subiranno sostituzioni o modifiche significative del proprio ruolo.
Tutto questo senza immaginare ulteriori sviluppi rispetto alle tecnologie esistenti (cosa peraltro poco probabile, vista la velocità di innovazione in questo campo).
Le nuove tecnologie, come i Large Language Models (LLM), permetteranno di velocizzare i compiti e sostituire completamente l’essere umano in alcuni ambiti. Inaspettatamente, saranno i lavoratori con stipendi più alti ad essere maggiormente esposti agli effetti dell’AI sul proprio lavoro. Questo perché i loro ruoli presentano barriere all’ingresso più elevate e quindi le immense nozioni a disposizione dell’AI troveranno maggiore applicazione.
Lo studio, basato sul vasto database O*NET 27.2, rivela che i lavori più a rischio sono quelli legati alla programmazionee alla scrittura e quelli che non richiedono training-on-the-job (che ovviamente le AI possono fare ma con più difficoltà). Mentre quelli che implicano ragionamento scientifico e pensiero critico sono meno vulnerabili.
Nonostante alcune lacune, come l’assenza di un’analisi per settori, lo studio fornisce informazioni preziose sull’impatto dell’AI sul mercato del lavoro: l’analisi (che è stata realizzata da ricercatori umani e da GPT-4, che sembrano concordare) indica che la stragrande maggioranza dei lavoratori ha il 10% dei propri task già pesantemente esposti all’AI.
Il paper più recente su questo tema, pubblicato il 19 aprile 2023, arriva a suggerire che i governi debbano intervenire per regolamentare questa nuova situazione, confermando che i lavoratori con maggiori titoli di studio e con stipendi più alti sono proprio quelli più esposti all’AI.
La vera notizia è che ancora non sono chiari i risultati di questa esposizione: si tratterà di un’automazione completa dei compiti (e quindi una perdita di posti di lavoro) oppure di un affiancamento di umani con intelligenze artificiali?
In questo secondo caso l’impatto sarà un netto aumento della produttività individuale e quindi un aumento sproporzionato dei redditi in favore della fasce più abbienti della popolazione.
Rispetto alle 2 principali tecnologie di AI generativa più diffuse al momento, sembra che sia GPT ad avere gli impatti più importanti, soprattutto in ambiti dove le abilità linguistiche sono fondamentali come il telemarketing o la formazione a distanza. Le piattaforme di text-to-image potrebbero invece essere rivoluzionarie in ambiti come l’architettura e l’interior design.
Potenzialmente, si tratta di una situazione simile a quella delle digitalizzazione iniziata con l’avvento del personal computer, che ha generato forti disparità tra lavoratori abili o inabili rispetto alle nuove tecnologie.
Da queste riflessioni, con numerosi dati a supporto (secondo i parametri del database O*NET), deriva l’invito a fare in modo che nessuno resti indietro rispetto all’adozione dei nuovi strumenti. Le discriminazioni sono dietro l’angolo perché le innovazioni sembrano riguardare in modo sproporzionato donne, caucasici e asiatici piuttosto che uomini, afroamericani e ispanici.
In questo mondo in continua evoluzione, la formazione e l’aggiornamento delle competenze diventano fondamentali per rimanere competitivi nel mercato del lavoro. L’istruzione e la formazione professionale dovranno essere riformate per rispondere alle nuove esigenze, incoraggiando la flessibilità, la creatività e l’apprendimento continuo. Proprio quello che suggeriva Harari oltre 6 anni fa.
Ma istruzione e formazione basteranno?
Secondo uno studio di Harvard Business School pubblicato il 27 settembre 2023, l’attuale generazione di intelligenza artificiale generativa è già in grado di aumentare la produttività di lavoratori esperti di circa il 40%. Un dato che farebbe saltare sulla sedia qualunque manager.
Tuttavia, alcuni esperimenti hanno perimetrato maggiormente l’impatto positivo dell’AI sul lavoro umano: la qualità aumenta soltanto se gli esseri umani imparano a collaborare con l’AI in modo costruttivo evitando di affidarsi in modo cieco. È quello che sull’articolo viene definito come “approccio cyborg” (continuo scambio tra AI e umano), contrapposto all’approccio centauro (divisione netta tra task AI e task umani).
In generale, secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale pubblicato ad inizio 2024, nei paesi avanzati l’esposizione all’AI arriverà al 60% dei posti di lavoro. “Esposizione” è il solito eufemismo per non dichiarare in modo netto se l’AI prenderà il posto degli esseri umani oppure li affiancherà.
Cosa dobbiamo attenderci?
Come ha detto Richard Baldwin del Geneva Graduate Institute:
Non sarà l’AI a prendere il tuo posto di lavoro, ma qualcuno che sa usare l’AI lo farà.
Il ritmo dell’innovazione è tale che nessuno può permettersi di restare indietro. Quindi magari la formazione e il reskilling non saranno sufficienti, ma sicuramente saranno necessari per restare competitivi nel mondo del lavoro nell’era dell’AI.
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L’articolo è stato editato e in parte riscritto con l’aiuto di GPT-4. Immagini realizzate con MidJourney. Aggiornato il 21 aprile 2024.
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Fonti:
- Gen-AI: Artificial Intelligence and the Future of Work
- Navigating the Jagged Technological Frontier: Field Experimental Evidence of the Effects of AI on Knowledge Worker Productivity and Quality
- Occupational Heterogeneity in Exposure to Generative AI
- Artificial Intelligence Index Report 2023
- GPTs are GPTs: An early look at the Labor Market Impact Potential of Large Language Models
- Reboot for the AI Revolution