Il cambiamento è necessario, nel lavoro come nella vita. Qualcuno si spinge a sostenere che la capacità di evolvere per adattarsi al cambiamento è la prima e più importante caratteristica di un’azienda che vuole avere successo.
Chi mi conosce sa bene che adoro i cambiamenti, perché intravedo le potenzialità incredibili che si nascondono dietro l’enorme fatica necessaria per mettere in discussione lo status quo.
Ma la sostanza della parola cambiamento? L’etimologia greca fa intuire che il sostantivato (-mento) non rende quanto il semplice verbo “cambiare”, dal greco κάμπτω ovvero curvare, piegare ma anche curvarsi, voltarsi.
L’essenza del cambiamento è ben catturata dalla prima persona singolare “cambio” che in italiano, come change in Inglese, è sia intransitivo (cambio io stesso) che transitivo (cambio un’idea o un’azienda, o persino qualcuno).
Il cambiamento richiede innanzitutto che sia il soggetto a cambiare, perché qualcos’altro possa essere cambiato.
Il mio augurio è che possiate affrontare qualunque cosa nella vita con la consapevolezza di potervi voltare verso le novità, in prima persona, e diventare abili a cambiare voi stessə.
Perché solo chi sa portare il cambiamento dentro di sé può pensare di portare cambiamento nel mondo.
Mai come quest’anno mi sono trovato a riflettere sul significato della parola fiducia. In ambito lavorativo ma anche personale. E quest’anno dobbiamo avere fiducia negli altri per uscire da una crisi epocale come poche altre nella storia dell’umanità. Provo a cercare conforto nell’analisi del significato stesso della parola.
Il primo termine che mi viene in mente è l’inglese Trust.
trust | trʌst |
In inglese Trust è qualcosa o qualcuno in cui avere fede a causa dell’affidabilità, della verità o di una qualche abilità incontrovertibile. Questo senso di fiducia è così forte che grazie ad essa un’essere umano acquisisce una posizione dominante. Ma è anche la fiducia di chi crede in Dio: “In God We Trust” è scritto sulle banconote americane. Sembra che sia una parafrasi di un salmo dell’Antico Testamento.
Trust in inglese è un termine anche legale: il Trust indica un rapporto giuridico nel quale una persona amministra dei beni per conto di terzi, un sistema giuridico della common law che indica qualcosa di più rispetto alla fiducia, un affido (o affidamento). Ma Trust assume un significato negativo, e probabilmente più noto, quando è inteso come una coalizione di imprese che unite vogliono limitare la concorrenza. E infatti parliamo di antitrust quando si configura una situazione di monopolio. Curioso che da una fiducia quasi sacra alla coalizione monopolistica il passo sia così breve.
Ma l’inglese ha tante parole molto specifiche e non ci può dare grandi soddisfazioni etimologiche. Per quello, c’è il greco antico. E infatti esiste in questa lingua una parola ricca di significati, tra cui fiducia.
πίστις | pistis |
La parola greca Pistis ha come significato proprio fiducia, la fiducia che si può dare, guadagnare, ma comunque una fiducia importante. Tanto che in Aristotele diventa fede, convinzione saldissima – in qualcosa o in qualcuno. Fin qui, il significato è simile a quello inglese, tanto che la Pistis è la fede religiosa e la garanzia ‘contrattuale’, un’assicurazione, una promessa e addirittura un giuramento. Questa parola in latino diventa Fides, la personificazione della lealtà, la Dea del pantheon romano che ha il suo tempio sul Campidoglio. Pensateci, la lealtà è ciò che ispira la fiducia: siamo passati in un battibaleno da un punto di vista soggettivo ad uno oggettivo.
Tornando ai Greci, possiamo scovare qualche ulteriore significato di questa magnifica parola nei dialoghi platonici. Platone ci parla di Pistis quando ci delinea la sua Teoria della conoscenza, nel libro VI de La Repubblica. Secondo Platone, la conoscenza si articola in 2 stadi: l’opinione (δόξα) e la scienza propriamente detta (ἐπιστήμη). Ciascuno di questi 2 stadi è suddiviso in 2 parti: questa quadripartizione della conoscenza è raccontata metaforicamente nel celebre Mito della Caverna.
All’inizio del percorso della conoscenza gli uomini sono come prigionieri incatenati in una caverna buia, bloccati cosicché possano osservare solo il muro davanti a sé, dove sono proiettate da un grande fuoco delle ombre di forme che rappresentano oggetti, animali, piante o persone. Queste immagini sono le sole cose che possiamo conoscere in questo stadio, definito immaginazione (Εἰκασία). I prigionieri farebbero soltanto un piccolo passa avanti se rivolgessero l’attenzione direttamente alle forme che generavano tali ombre, perché resterebbero ancora nella caverna. Questa fase è ancora una conoscenza immatura, perché i prigionieri permangono all’interno della Caverna. Questa è la fase della Fede (Πίστις), ancora legata al divenire dell’esistenza e quindi lontano dall’essere scienza in quanto ricerca intellattuale.
Non dobbiamo stupirci: Platone conferiva maggiore importanza alle idee, agli archetipi, che non alle cose – che alla fine sono soltanto dei simulacri. Sembra quasi un declassamento rispetto all’altezza del termine Fiducia, eppure a ben vedere è un punto di vista che ne coglie un aspetto essenziale.
La Pistis di Platone è un atto di fede che non può essere “verificato” intellettualmente. Ed è questa la sua magia. La fiducia non ha a che fare con delle valutazioni razionali e intellettuali: quando diamo o chiediamo fiducia, lo facciamo con il cuore.
In questo senso, quest’anno mi ha insegnato che la fiducia è davvero un atto di fede. E per questo è così importante alimentarla. Perché fidarsi significa credere negli altri e dar loro una possibilità. È vero, è un rischio. Eppure tale fiducia innesca una serie di reazioni positive che non hanno nulla a che fare con la valutazione razionale del rischio. La fiducia si può perdere ma si può anche recuperare e noi essere umani siamo in grado di avvertire quando c’è o quando manca.
Ci sono poche cose più belle di un atto di fiducia incondizionata: pensate alla fiducia tra amanti o tra genitori e figli. È proprio quando un bambino è ‘in fiducia’ che inizia a camminare da solo.
Quante fantastiche cose potremmo fare, come umanità, se solo ci fosse più fiducia negli altri?
Appena un mese fa guardavamo con un po’ di distacco le immagini dell’epidemia di Covid-19 dalla Cina sperando di essere sufficientemente lontani. Non lo eravamo.
Ma cosa sta succedendo? Cosa ci sta succedendo?
Adesso ci troviamo chiusi in casa oppure in fila al supermercato in città altrimenti vuote, spaventati da un nemico invisibile che ti colpisce all’improvviso. Siamo nella stessa situazione dei nostri fratelli cinesi. E francesi, spagnoli o americani. L’unica colpa sembra essere stati troppo vicini ai nostri cari, aver stretto troppe mani o aver dato troppi abbracci. Il destino sembra crudele.
C’è una via d’uscita?
L’epidemia di Covid-19 farà il suo corso, che sarà doloroso ma inevitabile. E allora ci sarà una rinascita. Torneremo a fare cose adesso impensabili, come un picnic al parco.
Ma la sfida è non cercare la via d’uscita e cercare di vivere appieno questa situazione. Sarebbe bello poter raccontare che la parola cinese wēijī significa crisi e allo stesso tempo opportunità, perché racconterebbe esattamente la situazione attuale.
Covid-19: Crisi e Opportunità
La Crisi è sotto gli occhi di tutti, non c’è bisogno di dirlo. E sarà una crisi sanitaria adesso ed economia da ora in poi. Le prospettive si fanno ogni giorno più tragiche, non ha senso nascondercelo.
Purtroppo però troppo pochi guardano il lato opposto: l’Opportunità. Opportunità di fare quelle cose che non abbiamo mai fatto, a casa o sul lavoro (che poi oggi, con lo smartworking, sono un po’ la stessa cosa). Opportunità di compiere grandi gesti di solidarietà e di confrontarci con le nostre paure più grandi.
Per me, che soffro di una leggera ipocondria, la situazione non è semplice (mi misuro la temperatura ogni mattina anche se sono chiuso in casa da oltre 2 settimane) e non voglio dirvi che sono felice. Ma voglio dirvi che invece cerco di accettare quello che ho e di godermelo in ogni momento. Perché non so quando questo finirà.
Cerco di godermi l’Adesso perché non so neanche come tutto questo finirà. V’invito a fare lo stesso. E a guardare un po’ meno i TG.
Se vi va, racconto come cerco di affrontare la situazione in alcuni video che sto postando sul mio canale Youtube. State bene e state a casa.
Aggiornamento 18.03 – Perchè proprio l’Italia? Perché così duramente? Se ve lo state chiedendo, uno studio potrebbe avere la riposta: in Italia gli anziani entrano molto più spesso in contatto con la popolazione più giovane. Nel nostro Paese molti figli grandi abitano ancora a casa dei genitori e il nucleo familiare si frequenta di più rispetto alla Germania o ai Paesi Scandinavi, ad esempio. Per approfondire
Aggiornamento 01.04 – Non è un pesce d’aprile: la Carnegie Mellon University ha messo a punto un sistema di intelligenza artificiale che cerca di misurare la capacità polmonare attraverso il microfono e quindi stimare la probabilità di avere patologie come il Covid-19. Questa è l’intelligenza artificiale che mi piace. Qui per provare l’app.
Le innovazioni tecnologiche che mi hanno cambiato la vita dal 2010 al 2020
Di solito non scrivo post di inizio anno, ma questa volta farò un’eccezione. L’occasione è ghiotta: sta finendo un decennio e stiamo entrando nei mitici anni ’20. Siamo nel 2020!
Un secolo fa iniziavano gli anni del Jazz checi portarono dritti dritti al drammatico 1929. Detto tra noi, speriamo che questa volta ci vada meglio.
Non mi capita spesso di pensare al passato ma vista l’età (mi avvicino ai 37), è giunto il momento d’iniziare. Gli ultimi 10 anni — e ancora di più gli ultimi 20 anni — sono stati rivoluzionari. La vita di noi tutti è cambiata così tanto che facciamo fatica a rendercene conto. Sono nati nuovi mezzi di comunicazione e nuove tecnologie hanno avuto un impatto estremamente profondo sulle nostre vite.
Come sono arrivato nel 2020
Nel 2009 il mondo era un pochino diverso, più di quanto ci sembri a prima vista. Non c’erano gli iPad, gli smartphone erano un po’ più piccoli, Alexa era un nome come un altro, Tesla era solo un inventore del 1800 e Facebook era roba da giovani.
Anche per quello che mi riguarda personalmente, di cose ne sono cambiate parecchie. Rientrato da Toronto ripresi a fare il lavoro che adoro — con un bel progetto per HRS.com — e soprattutto conobbi la donna che amo e che mi ha dato 4 figli (in 10 anni succedono un sacco di cose!).
Facciamola questa lista: ecco le dieci innovazioni tecnologiche che in un modo o nell’altro mi hanno cambiato la vita negli ultimi 10 anni.
iPad è stato all’inizio poco più di uno smartphone con lo schermo gigante ma man mano è diventato il principale strumento tecnologico che uso durante la giornata: per prendere appunti, svolgere tutti i task per cui uso anche il computer, leggere libri, giornali e guardare film. Ah, poi Fortnite gira molto meglio che sul Mac.
Il Cloud sia per utilizzo personale che lavorativo (adoro G Suite!) è stata ‘una salvata’. Quanti documenti recuperati, quante foto ritrovate e quante presentazioni chiuse oltre l’ultimo momento (durante la presentazione, non appena prima :D).
Native advertising è stata la grande innovazione nella pubblicità dell’ultimo decennio e sembra poter cambiare per sempre il modo in cui le persone fruiscono dei contenuti. Un po’ è stato così: su Facebook è presente solo pubblicità ‘tecnicamente’ nativa (perché assomiglia ai contenuti circostanti). E per anni con Arkage in Italia siamo stati pionieri del ‘Native’. Che poi questa innovazione sia stata in generale un bene per l’umanità, non ne sono così convinto, forse perché è stata una rivoluzione soltanto a metà.
Blockchain è un’innovazione che mi ha aperto la mente: la possibilità di rendere unici gli ‘oggetti’ digitali al pari di quelli ‘fisici’ significa che potremmo disegnare mondi virtuali che avranno le stesse regole del mondo reale. Non si tratta soltanto di criptovalute: disruptive!
Netflix è LA TV della casa: i miei 4 bimbi non sanno cosa significhi guardare un programma televisivo interrotto dalla pubblicità o con un orario d’inizio predefinito. Intere generazioni di bambini stanno crescendo su questo paradigma: streaming e on-demand.
Music Streaming è il modo in cui ascolto musica da anni: prima è stato Spotify, poi Apple Music e ora Amazon Music (e TIDAL). L’idea di comprare un CD non mi manca per niente, però ricordo l’emozione del primo acquisto su iTunes (era questo album dei Prodigy).
Amazon Prime è un’innovazione più subdola e meno visibile ma è diventato il modo ‘predefinito’ con cui praticamente facciamo il 90% degli acquisti — spesa inclusa grazie al fantastico Amazon Prime Now.
Apple Watch è il mio compagno di running perfetto: pesa poco, monitora i parametri vitali e mi motiva ad allenarmi. È davvero uno strumento di fitness prezioso e non voglio immaginare come sarebbe riallenarmi senza.
B Corp è una certificazione che come Arkage abbiamo ottenuto nel 2017 ed è basata su un assessment (BIA) di valutazione dell’impatto di un’azienda su pianeta-persone-società. Questo algoritmo ha cambiato il mio modo di pensare alle imprese come motori di cambiamento e d’impatto positivo. Grazie a Paolo di Cesare per avermi fatto ‘scoprire’ questa innovazione.
Alexa è entrata nella casa poco tempo fa, in relazione ad esempio al’iPad, ma ha profondamente cambiato il modo in cui tutta la mia famiglia ascolta la musica (perfino il piccolo Ettore, 4 anni, ormai chiede le canzoni ad Alexa) e non solo — usiamo Alexa anche per le notizie, le tabelline o il meteo ad esempio.
Tutte queste innovazioni sono decisamente meno ‘fisiche’ di quelle del decennio precedente (a parte iPad e Apple Watch, hanno a che fare più con il software che con l’hardware) e penso che abbiano a che fare soprattutto con il tempo che trascorro con le persone che amo (in famiglia) o a cui voglio bene e di cui ho stima (al lavoro).
E dal 2020 al 2030?
I prossimi dieci anni potranno davvero essere incredibili. La sfida sarà, un po’ per tutti a mio avviso, quella di utilizzare la vita privata e la vita lavorativa per fare del bene, per il pianeta e per noi tutti. Magari abbandonando l’ossessione della distinzione netta e quantitativa del work-life balance e invece valorizzando la qualità del tempo che trascorriamo assieme agli altri.
Nel nuovo decennio vorrei portare con me tutto lo stupore e la meraviglia delle grandi novità che ho vissuto in questi ultimi anni e cercare di coinvolgere positivamente più persone possibile.